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giovedì 26 dicembre 2013

Così tante minchiate da scrivere, così poco tempo... - Seconda Parte

Prima Parte: Così tante minchiate da scrivere, così poco tempo... - Prima Parte

Ivan

Esco con dispiacere dalla caffetteria dopo aver pagato il mio pusher e mi preparo psicologicamente al quarto d’ora di passeggiata volta a raggiungere la facoltà. Visto che sono lì, rollo una sigaretta su uno dei tavolini del bar usando il mio fidato Drum bruno.

A causa della fretta durante l’atto della sua creazione, la forma della mia opera d’arte assomiglia in modo sorprendente alla silhouette di una donna al settimo mese della gravidanza…ma che importa? Polvere alla polvere, cenere alla cenere. Dopo un’occhiata poco convinta al frutto del mio impegno seguita da un’imprecazione interiore, mi metto in marcia, pregustando le due ore di lezione di “Psicopatologia del Linguaggio”.

Messina…che città accogliente. Appena sceso dall’aliscafo ti senti come a casa: il pungente odore di piscio di barbone misto a naftalene nei dintorni dell’edificio che ospita il mercato ittico ne sa qualcosa. Gli autisti di questa città sono delle persone deliziose…o che almeno ci provano. Persone che provano a far parte del cambiamento. In qualsiasi altra parte del mondo, la macchina la porti solo se sai guidare; qui al sud, invece, impari guidando. Anche se la tua età cerebrale e il tuo controllo potrebbero perdere colpi di fronte a quelle di un bambino di 9 anni. Concetti stravolti da questo palpabile cambiamento sono ad esempio quelli dei semafori e dei pedoni. Per non parlare dei clacson…oh, i clacson.

Può, dico io, esistere qualcosa che eguagli il piacere fisico e spirituale provocato dall’ascolto di quella sinfonia, quella grandiosa orchestra diretta nientemeno che da una volontà superiore a noi mortali e che contagia chiunque abbia un segnalatore acustico a portata di braccio? Bella domanda, dico io.

Quando raggiungo questo piacere dico anche altro, io.


Ci siamo capiti.


Mi godo la scena degli automobilisti che parlano il vero linguaggio universale utilizzando gesti e parti del corpo per farsi capire meglio…tutte immagini percepite a rallentatore dal mio cervello per l’effetto misto di dopamina, caffeina e tante altre belle sostanze.


"LEVATI, O QUANT'È VERO IL SIGNORE TI FICCO QUESTO PUGNO SU PER QUEL FLACCIDO CULO!"

Mancava ancora qualche minuto alla destinazione quando sentii il cellulare riprodurre la versione di Jailhouse Rock dei Blues Brothers vibrando dalla tasca dei jeans. Tiro fuori il telefonino e guardo il display: Maria. Premo il tasto per accettare la chiamata mentre proseguo sul marciapiede.

« Ehy, Maria. »
« Dove sei? Io sono qui con Marco, se vuoi ci vediam-»
« Tranquilli, ormai sono quasi arrivato. Ah, Maria… »
« Che c’è? »
« Poi devo chiedervi una cosa. »

Attacco senza salutare e continuo a camminare. Taglio passando da Villa Mazzini e, finalmente, arrivo in facoltà. Nella mia testa l’immagine dei manichini all’ingresso del parco fatica ad andarsene. Erano vestiti come dei rappresentanti di un Gay Pride che avevano approfittato degli sconti al negozio Ovviesse.

Arte moderna.


venerdì 13 dicembre 2013

La donna incontrata sul fiume




Quella notte sedevo
Sulle rive del fiume
Trascinando i bagordi
Al mattino in arrivo.
Sentii il pianto, rauco,
dalla voce interrotta
dalle lacrime amare,
dai singhiozzi violenti.
Licenzioso e volgare
Mi dicevano alcuni;
egoista e insensibile
mi gridavano gli altri:
quella notte un sorriso,
con dei gesti gentili
e con caste parole,
riportai su quel volto
emaciato, contuso.
La speranza in Amore,
da violenze oltraggiata,
riportò il suo aleggiare
su quell’esile corpo,
su quel tenero cuore.
Con abbracci e parole,
taumaturgici gesti,
ritornò quella gioia
delle giovani estati;
col ricordo costante
di ogni triste esperienza
si curò ogni dolore,
si conobbe la vita
tra i dolori e i piaceri.

lunedì 2 dicembre 2013

Noia




Sopito sul mio letto
Disteso e sonnolento
Sto senza la coscienza,
sto senza nessun ruolo.
Rivolto a tenui sogni
Mi giro e mi rigiro,
ma nulla cambia il volto
a questo mondo fermo.
È come un calmo inferno,
un limbo che è tremendo:
la terra della noia
svuotata di ogni gloria,
assente di ogni forma.