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venerdì 8 novembre 2013

Così tante minchiate da scrivere, così poco tempo... - Prima Parte

Ivan

La lezione è appena finita. Mi dirigo al bar alla ricerca dell'unica cosa in grado di aiutare il mio povero cervello con sole tre ore di sonno sulle spalle: il caffè. Qualcuno, malauguratamente, mi ferma.

« Allora? Tu che fai, Ivan? Vieni, si o no? »
« Venire dove? »
« Devo andare in libreria...ci vediamo lì per sciogliere gli Echi. »
« Sai che non mi perderei per nulla al mondo le reazioni degli altri due membri del tuo circolo letterario, Tony. Ma ho una lezione importante da seguire a Scienze della Comunicazione. »
« Dai, credevo t'interessasse... »

In effetti mi interessava davvero. Mi è sempre piaciuto vedere le giornate degli altri che vengono rovinate da eventi di importanza irrilevante per il resto del genere umano. In quel momento, però, l'unico obiettivo sul quale la mia mente e il mio corpo erano focalizzati era soddisfare il mio bisogno di caffeina. E poi pareva che a lezione di Psicopatologia del Linguaggio avrebbe fatto la sua comparsa la gnocca di turno in pantacollant...evento di una tale portata da esser stato predetto persino dalle pergamene del Mar Morto.

« Mi dispiace, Tony. Ci sentiamo pomeriggio e mi racconti com'è andata. »

Finalmente riesco a chiedere una tazzina della mia droga preferita al barista. Dopo alcuni, interminabili secondi di attesa ecco che comincio a sorseggiare la bevanda miracolosa, con in volto un'espressione paragonabile solamente a quella di Undertaker che esulta dopo l'ennesima vittoria sul ring.




Antonino

Ritornato in aula, una desolazione tale che non avrebbe presentato nemmeno il Sahara, mi accinsi a seguire l’ennesima lezione di Storia Contemporanea. Quando i pensieri iniziano a turbinare nella mente, è difficile comprendere bene il mondo che ci circonda, specialmente quando un’aura di torpore si distende sui potenziali interlocutori reperibili in loco. Tutto diventa ombra intorno, tutto diviene parte del grande sipario della vita, solo un mero corollario di sottofondo alla scena che ti vede protagonista. I monologhi interiori vengono sciorinati nella propria mente in una tempesta di neuroni che producono pensieri alla velocità della luce.

« Vabbè, Ivan se ne va là. Però, buon cielo, dato che gli interessava, poteva anche non frequentare quella che ormai è la sua seconda facoltà! E poi, dai… frequentare lezioni di un’altra facoltà quando dovrebbe seguire questa! Un pazzo! »

Questi i miei primi pensieri, mentre il professore faceva il suo poco trionfale ingresso nell’aula. I miei pensieri non erano catalizzati sui moti del 1820-21 o del 1830-31.

Pensavo al tempo trascorso tra gli Echi Ciechi, la mia prima esperienza in un Circolo Letterario. La mia città non è una di quelle che fanno nascere luminari ogni due giorni, salvo i festivi e le domeniche. A mio parere, sfortunatamente, è una di quelle città e province con un basso quoziente culturale, dove chi cerca l’innovazione ha sbagliato strada e chi prova a crearla è un illuso, o un tipo coraggioso.

Con gli Echi Ciechi era nato il coraggio e l’illusione. Non so bene quale fattore sia venuto meno prima, però una cosa è certa: era venuto meno l’interesse altrui e, ormai, come un morto vivente, questo raggruppamento di scrittori dalla storia sfortunata si teneva maldestramente in piedi, animato solo dalla mia speranza di creare qualcosa di più grande.

C’erano stati problemi, eppure… ero circondato da ignavi, eppure… ok, dovevo chiudere. Alla fine la situazione si era fatta insostenibile. Ma come dimenticare tre anni vissuti con il Circolo Echi Ciechi? Dal 2010 a quel fatidico 2013! Impegno, soldi, speranze sarebbero andate perse così, in un solo misero pomeriggio, dove i nodi venivano al pettine, le necessità e i bilanci effettivi erano a favore di questa mia presa di posizione: sciogliere il Circolo. Non era stato facile, mi ci era voluto un mese per elaborare l’inevitabile lutto.

Con queste elucubrazioni, in cui giocavo un’amara partita fra necessità e desiderio, trascorsero i minuti in aula. Immaginavo già i pensieri dei miei ultimi due compagni Echi Ciechi: c’era di tutto, tranne che interesse per quel Circolo. Sì, bisognava chiudere.

Pensavo anche a quello che stava facendo Ivan: stava deridendo i decerebrati che, più che vivere l’atmosfera universitaria, ne abbellivano le aule come vegetali ornamentali.
L’unico barlume di finta gioia che derivava dal mio divagare pensieroso era proprio questo: immaginarmi tanti idioti che fingevano di essere ricercatori di sapere, studenti universitari affamati di conoscenza e competenze ma che, in fondo, per la maggior parte, erano totalmente vuoti di ogni interesse e spogliati di ogni barlume di razionalità.

Il mio capo, un giorno, sarà uno di loro. Questo non è un barlume di finta gioia: questo è l’ennesimo colpo mancino tiratomi dalla realtà amara, che mi sovrasta con la sua pesantezza immane.

To be continued...

Seconda Parte: Così tante minchiate da scrivere, così poco tempo... - Seconda Parte

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